Lo riceverete presto, non trascuratelo! Di cosa parliamo? Del rendiconto ex post sui costi degli investimenti che la direttiva europea MiFID 2 ha reso obbligatorio. Tutte le banche e le reti presso cui avete fatto investimenti devono consegnarvi un prospetto che presenti, in percentuale ed in valore assoluto, tutti i costi che hanno gravato sugli investimenti stessi nell’anno solare 2018.
Perché è importante? Perché tratta di soldi vostri, soldi che avete speso, seppure spesso senza saperlo o senza averne una percezione precisa.
Tanti soldi. Per un risparmiatore che possieda un patrimonio investito di 250’000 Euro i costi degli investimenti sono, mediamente, la prima voce di spesa del bilancio famigliare, prima della spesa per prodotti alimentari (dati ISTAT e Banca d’Italia).
Cerchiamo ora di dare un’idea chiara di cosa siano questi costi, materia per la verità piuttosto complessa. Lo facciamo con un esempio, che non è esaustivo ma speriamo possa risultare plastico.
Supponiamo di avere investito in un fondo obbligazionario. Esso contiene titoli obbligazionari, i quali generano un rendimento, sia con il proprio flusso cedolare che con la propria variazione di prezzo di mercato. Quanto di questo rendimento ci metteremo in tasca? Il rendimento dei titoli meno tutti i costi. Se il rendimento del complesso di questi titoli nell’ultimo anno fosse stato, ad esempio, lo 1,5% ed i costi assommassero, ad esempio, allo 0,8% il rendimento che otterremmo dal fondo sarebbe lo 0,7%.
Quali sono questi costi? Innanzitutto i costi di amministrazione del fondo (costituzione, contabilità, certificazione, contributo di vigilanza, ecc.). Poi i costi che il fondo sostiene per acquistare o vendere quei titoli (questi vanno al soggetto che fa le operazioni, non di rado una società “sorella” o “cugina” della società di gestione). Poi i costi di gestione del fondo perché la società di gestione opera, naturalmente, per generare un utile. Deve inoltre remunerare le banche o le reti che distribuiscono il fondo stesso (le quali quasi sempre incamerano la parte maggiore delle commissioni di gestione). Poi le eventuali commissioni di performance (che meriterebbero un approfondimento a parte). Poi eventuali prelievi una tantum a fronte della sottoscrizione del fondo o del suo riscatto (commissioni di ingresso e di uscita).
Se poi il fondo non lo deteniamo direttamente ma tramite una polizza o tramite una gestione patrimoniale, si aggiungono altri costi, non uguali ma per vari aspetti simili ai precedenti, un po’ come le matrioske. Ma qui ci fermiamo, supponendo di aver spiegato il concetto.
L’investitore italiano medio paga ogni anno circa due punti percentuali del proprio patrimonio investito, per effetto dei costi impliciti sopra esemplificati. Perché impliciti? Perché normalmente il rendimento che ottiene gli viene rappresentato al netto di questi costi, così che i costi non si vedono. Così che non si veda quale rendimento avrebbe potuto avere se avesse acquistato direttamente, per tornare all’esempio, quei titoli obbligazionari che stanno dentro il fondo (cha magari a sua volta sta dentro la polizza o la gestione).
Per questo motivo la normativa ha da tempo introdotto, per le case prodotto e gli intermediari, obblighi di esplicitazione dei costi, obblighi di trasparenza. La direttiva europea MiFID 2 è, potremmo dire, l’ultima evoluzione di questa normativa, pertanto non apporta una novità assoluta, semmai innovazioni.
L’innovazione principale introdotta da MiFID 2 consiste nell’obbligo, per la banca o l’intermediario a contatto diretto con l’investitore finale, di rappresentare in percentuale ed in assoluto, a paragone con il rendimento, non solo i costi che esso applica ma tutti i costi che gravano sull’investitore anche se applicati da altri soggetti a monte, ossia da chi realizza i singoli pezzi o fornisce i singoli sevizi che la banca o l’intermediario hanno utilizzato per realizzare il prodotto.
Gli intermediari non sono apparsi particolarmente solerti nell’adempiere all’obbligo, che riguarda un periodo terminato ormai più di sei mesi fa. I costi, infatti, vanno in buona misura a remunerare gli intermediari stessi e molti temono che la loro “esplicitazione” possa mettere in crisi il rapporto col cliente.
È vero che la direttiva non ha assegnato agli intermediari un compito semplice. Ma è stata emanata anni fa e la sua entrata in vigore appositamente prorogata per dare il tempo di organizzarsi.
Ora va detto con grande chiarezza che eliminare completamente questi costi è impossibile. Nessuna attività umana è senza costi e nessun investimento è senza costi, non lo è quello finanziario ma non lo sono neppure quello immobiliare, né quello in beni fisici, né quello in attività economiche.
La possibile eliminazione di alcuni di questi costi va inoltre valutata sotto il profilo della opportunità e della convenienza. Per fare un esempio, è molto difficile e costoso detenere direttamente obbligazioni dei Paesi Emergenti, meglio pagare i costi di un fondo che non avere accesso a tale segmento.
Insomma i costi non vanno demonizzati.
I costi vanno però conosciuti, valutati, scelti, minimizzati. La rendicontazione obbligatoria prevista da MiFID 2 può essere un aiuto a farlo.
Per la verità considerare in monte costi eliminabili e costi non eliminabili, commissioni di gestione di fondi gestiti efficacemente e commissioni di gestione di fondi sostanzialmente passivi, costi gravanti su tipologie di allocazione diverse tra loro … beh, potrebbe portare a conclusioni sbagliate. La nuova disciplina produrrà rendiconti unitari e sintetici, il che non significa necessariamente di piena comprensibilità e di piena utilità. Costituisce tuttavia un tentativo cui guardare in modo costruttivo e non tutti coloro che propongono investimenti lo stanno facendo.
Per una lettura consapevole e utile delle rendicontazioni l’investitore farà certamente bene a rivolgersi ad un consulente indipendente, remunerato esclusivamente a parcella. Ossia ad un soggetto che non ha alcuna interessenza nei costi impliciti e, pertanto, non ha interesse né a nasconderli o minimizzarli, né a denigrarli ove siano effettivamente necessari o utili al Cliente.
Anche il consulente indipendente costituisce un costo. Ma, innanzitutto, è un costo esplicito. Il Cliente lo paga direttamente. In secondo luogo offre un supporto difficilmente sostituibile nell’abbattere i costi impliciti inutili o dannosi. Che non sono poca cosa e sono quasi sempre maggiori del costo della consulenza. Mediamente – in realtà ogni caso deve essere approfondito secondo le specifiche esigenze del Cliente – i costi impliciti possono essere abbattuti ben oltre il cinquanta per cento, non di rado fino a tre quarti, a volte oltre. E un approccio ottimale ai costi è uno dei fattori fondamentali di una buona gestione degli investimenti.
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